Che cos’è la climate fiction?
Che cos’è la climate fiction?
Pubblicato il: 20 giu 2025

Che cos’è la climate fiction?

Nel suo saggio “Raccontare il mutamento climatico: la climate fiction”, lo scrittore Bruno Arpaia riflette sul ruolo emergente della cli-fi (climate fiction), un sottogenere letterario che ha preso forma nel 2007 grazie alla definizione coniata dal giornalista americano Dan Bloom. La cli-fi, ispirata nel nome alla sci-fi (science fiction), nasce con l’intento di raccontare attraverso la narrativa le conseguenze reali e potenziali della crisi climatica. Ma, come sottolinea Arpaia, oggi non si tratta più di una nicchia: è un vero e proprio fenomeno letterario, sociale e culturale.

A differenza della fantascienza classica, spesso proiettata in futuri lontani e altamente distopici, la cli-fi tende a essere ancorata a scenari scientificamente credibili e temporalmente vicini. Come sottolinea Arpaia – e come ben riassume Margaret Atwood, una delle autrici più conosciute nel genere – si tratta di speculative fiction: romanzi congetturali basati su proiezioni reali, su dati scientifici e su sviluppi già visibili nella nostra realtà.

Un esempio concreto è il romanzo dello stesso Arpaia, Qualcosa, là fuori. Ambientato in un’Italia desertificata e devastata tra il 2070 e il 2080, racconta l’odissea di migliaia di migranti climatici in fuga verso il Nord Europa, dove il clima è diventato più ospitale. Gli scenari descritti si fondano su rapporti dell’IPCC, dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, ma anche su analisi più radicali di scienziati come James Hansen (NASA) o Dennis Bushnell. La narrazione, pur documentata, punta però alle emozioni: fame, sete, speranza e paura sono vissute con i protagonisti, come se fossero esperienze dirette.

Un nuovo modo di raccontare la crisi climatica

La forza della cli-fi sta proprio in questo: tradurre dati, grafici e scenari in storie umane, riconoscibili, toccanti, conquistando l’interesse di una massa sempre più ampia di lettori. Non solo: anche il cinema e le serie TV – da Interstellar a Wall-E – ne riflettono l’influenza crescente.

Scrittori come Paolo Bacigalupi, Jeff VanderMeer, T.C. Boyle e Sarah Crossan stanno arricchendo il genere, alimentando una nuova consapevolezza culturale di tipo ecologico. La speranza, come scrive Arpaia, è che la cli-fi unisca rigore scientifico, potenza narrativa e empatia così da contribuire fattivamente a scuotere le coscienze, coadiuvando un’azione concreta anche sul piano politico.

Certo, il futuro descritto dalla cli-fi non è rassicurante: desertificazione, migrazioni di massa, guerre per l’acqua, collasso delle istituzioni democratiche. Ma, proprio perché questi scenari sono plausibili, raccontarli è urgente. La narrativa non sostituisce l’azione politica, ma può generarla. E se davvero vogliamo evitare quei mondi possibili – terribili, ma sempre più probabili – forse dovremmo cominciare a viverli prima, attraverso le storie.

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